La grotta di Travertino

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Da veri etnografi siamo andati in cerca di qualche informatore che ci sapesse raccontare la storia della caora barbana.

A Cesiomaggiore abbiamo rintracciato, dopo alcune ricerche, un anziano: Giovanni Zanella (classe 1935), che trascorse l’infanzia e la giovinezza nella casa colonica di Seravella, figlio di una povera famiglia di contadini che lavoravano come mezzadri a servizio dei conti Avogadro degli Azzoni, proprietari della villa (oggi Museo etnografico) e dei fondi agricoli annessi. Giovanni ci ha riferito di non aver mai sentito raccontare, durante i filò che si tenevano nella grande stalla di Seravella, storie/leggende sulla capra barbuta. Gli adulti però, evocavano la caora barbana rintanata nella grotta di travertino solo per impaurire/intimorire i bambini e gli adolescenti ed evitare che si avventurassero all’interno della spelonca, esponendosi a pericoli di vario genere. Ci ha raccontato anche che i più vecchi la indicavano anche come “Pont del diaol” (ponte del diavolo). Nonostante gli ammonimenti a non avvicinarsi alla grotta, i ragazzi scendevano alla Salmenega a fare il bagno e qualche volta, vincendo la paura, entravano nella grotta misteriosa.