Punti di contatto tra mito e leggenda

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LE ANGUANE

Secondo le leggende le Anguane vivevano nelle caverne, nei landres, in prossimità di corsi d’acqua, conoscevano l’arte della magia che praticavano a fin di bene, a meno che non fossero costrette a difendersi ed erano abili tessitrici e lavandaie. Portavano in gerle appese alle spalle i loro bambini che nutrivano con il loro seno incredibilmente prosperoso.

A Lozzo di Cadore sono chiamate Ongane, e a loro è dedicato il Crepo delle Ongane, dal quale nei giorni di pioggia era possibile veder scorrere un rivolo d’acqua sporca considerato proveniente dai panni lavati dalle Ongane. Loro tracce sono visibili anche a San Vito (Anguanes), a Perarolo, ad Auronzo (Agane), a Cortina, dove alcune famiglie dichiaravano di possedere fazzoletti ricamati dalle Anguane, e a Domegge.

A Pieve, Calalzo e Vallesella di Cadore si raccontava che le Anguane vivessero a Lagole, luogo conosciuto per i numerosi ritrovamenti archeologici e per la natura benefica delle acque del laghetto.

A Calalzo si raccontava di alcuni ritrovamenti di sassolini dipinti, probabilmente dalle Anguane e di strane orme a forma di zoccoli di capra nei pressi delle caverne.  



Fotografia della video narrazione

Comments

Cassandra

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Anguana in un disegno Cinquecentesco

DAL CULTO PAGANO AL CRISTIANESIMO

Non è chiaro l’esatto aspetto delle Anguane. Queste infatti sono talvolta descritte come splendide donne vestite di bianco, talvolta come orribili creature con piedi caprini. Questa profonda differenza fu determinata dall’avvento del Cristianesimo e dalla condanna di qualunque culto pagano. Secondo la tradizione le Anguane smisero di mischiarsi alla gente comune dopo il Concilio di Trento. Alcuni studiosi infatti credono che il nome “Anguane” derivi da quello delle acquane, ninfe pagane, che assunsero spesso caratteri negativi con l’avvento del cristianesimo. Nel nostro territorio questo culto pagano sopravvive ancora nelle leggende raccontate di generazione in generazione e che differiscono di luogo in luogo.

Disegno cinquecentesco attribuito a Tiziano

Croda Bianca

LA VENDETTA DEL DIO LAGOLE

Particolarmente importante è la leggenda della bella Bianca, che rimanda all'antico dio di Lagole. Bianca era la figlia del capo del villaggio di Sabassa, uccisa dalle Anguane invidiose della sua bellezza e trasformata in pietra. Da lei prende il nome la Croda Bianca. Il dio vendicò la morte della fanciulla avvelenando le acque del laghetto e uccidendo le Anguane.

Nella leggende è contenuta la spiegazione mitologica di alcuni fenomeni naturali, come il tipico odore di zolfo di queste acque sorgive, detto in dialetto "odor de freschìn". Un altro elemento è l'acqua mineralizzata che forma il travertino e pietrifica il cadavere di Bianca.

Siete curiosi di conoscere questa storia? Ve la raccontiamo in questo video. 

Immagine della Croda Bianca

Viburnum_opulus

METODI PER SCACCIARE LE ANGUANE

In altre leggende il richiamo al Cristianesimo è molto forte. 

Una leggenda di Calalzo racconta di un uomo felicemente sposato con una bella Anguana e con lei aveva tre figli. Un giorno però, tornato a casa ubriaco, si lamentò con la moglie delle derisioni dei suoi amici che lo prendevano in giro perché aveva sposato “una Anguana da i pes de ciaura”, un’Anguana dai piedi di capra. Questa, offesa dalle parole dell’uomo, sparì all’improvviso e decise di non farsi mai più rivedere. Furono vani tutti i tentativi del disperato marito di ritrovarla chiamandola a gran voce per tutte le crode. L’Anguana si limitava a recarsi di nuovo nella sua casa, sempre in assenza del marito, per occuparsi della faccende domestiche e per accudire i figli. La popolazione di Calalzo, insospettita da questa presenza invisibile, cominciò a pensare alla stregoneria. Gli abitanti dunque si recarono da un eremita, conosciuto per le sue doti da stregone, che viveva in un antro della Val D’Oten, chiedendo che eliminasse per sempre le Anguane. Egli accettò e un giorno le invitò tutte ad una grande festa sotto alle Marmarole. Le Anguane giunsero nei loro abiti migliori su un meraviglioso carro adornato con rami d’abete, stelle alpine e rododendri pronte per festeggiare. Quando il carro fu quasi in fondo alla Val D’Oten l’eremita comparve dal bosco stringendo tra le mani una bacchetta di legno di viburno, pronunciò delle parole magiche in nome di Dio e della Madonna e fece scomparire il carro e con esso tutte le Anguane. Le donne dai piedi caprini non fecero mai più ritorno nel paese di Calalzo.  

Il viburno, che cresce abbondante nei terreni ghiaiosi vicini ai torrenti, era ritenuto un antidoto efficace per scacciare le Anguane, come si racconta anche in altre leggende del territorio cadorino.

A Pieve di Cadore si racconta di un uomo che un giorno si recò con il suo carro a Lagole per raccogliere pietre di tufo. Lì si trovavano delle anguane intente a lavare dei panni e ne avevano lavati talmente tanti che nemmeno un carro poteva trasportarli. Le donne, volendo divertirsi un pochino, sfidarono l’uomo a riempire il suo carro con i panni da loro lavati. Se ci fosse riuscito, gli dissero, avrebbe potuto tenerseli tutti quanti per sé. Egli raccolse un ramo di viburno e ne fece una croce che pose di fronte al carro. Poi iniziò a caricare i panni. Giunto a metà del lavoro, quando si accorse di aver esaurito lo spazio invocò Dio e la Madonna e chiese il loro aiuto. All’improvviso il carro si riempì di tutti quanti i panni e buoi che lo trainavano partirono lasciando le Anguane a bocca asciutta.  

L'invocazione al Dio e alla croce ha la funzione di monito per queste creature, che rappresentavano il mondo selvaggio, non cristianizzato.